CISTERNINO

Fonte: I Borghi più Belli d'Italia

Il nome

L'eroe eponimo, secondo tradizione, è Sturnoi, il compagno di Diomede. Finita la guerra di Troia, avrebbe fondato questo centro che i Romani hanno poi chiamato Sturninum.

Forse distrutto nel 216 a.C. durante le scorrerie di Annibale in Puglia, l'abitato tornò a vivere nell'VIII sec., quando un gruppo di monaci basiliani profughi dell'Oriente, notarono in queste contrade le rovine dell'antico centro.

Sulle stesse vollero allora edificare una badia di rito greco che chiamarono San Nicolò cis-Sturninum, proprio dove oggi sorge la Chiesa Matrice.

La storia

• Età del bronzo, resti di villaggi di capanne, ma i primi insediamenti stabili si hanno con la scoperta dei metalli e l'apporto di civiltà d'oltremare (greci, messapi).

• 1180, il casale di Cisturninum è nominato la prima volta in una bolla di Papa Alessandro III che ne conferma l'appartenenza al Vescovo di Monopoli.

• 1330, venduta dal Vescovo a un nobile di Monopoli, Cisternino appartiene per oltre un secolo a baroni civili. La baronia del casale torna al Vescovo nel 1463, per concessione di Ferdinando I d'Aragona.

• 1495, Cisternino è conquistata dalla Repubblica di Venezia che la tiene fino al 1528, quando viene presa dagli Spagnoli. Il malgoverno dei baroni spagnoli, e l'oppressione fiscale del Vescovo dall'altro, causano nella popolazione forti motivi di risentimento.

• 1647, seguendo l'esempio di Masaniello a Napoli, il popolo insorge contro il Vescovo-barone e brucia la sua residenza. Ma la rivolta non ha successo.

• 1738, nuovi fermenti rivoluzionari scuotono Cisternino all'inizio del regno dei Borboni.

• 1799, la popolazione parteggia per la Repubblica Partenopea contro il Re. Nicola Semeraro, di Cisternino, a capo di un nucleo repubblicano, è trucidato a Francavilla Fontana dai fedeli dei Borboni.

• 1820, è attivo in paese un gruppo di carbonari, circa 80 persone. è Giuseppe Capece di Cisternino ad innalzare sul forte di Brindisi la bandiera tricolore, dopo aver lacerato il vessillo borbonico.

Da vedere

Suggestiva nel borgo è l'osmosi tra spazi interni ed esterni, tra case, vicoli e cortili, frutto di soluzioni architettoniche dettate da ragioni pratiche, da un senso della comunanza e del vicinato.

Si tratta di un classico esempio di "architettura spontanea", dove non ci sono architetti che seguono un piano prestabilito ma rapporti umani da tessere, tra le case imbiancate a calce e i vicoli stretti, tra i cortili ciechi e le scalette esterne, tra gli archi e i balconi fioriti: spazi dove ci si può "affacciare", dove si crea aggregazione; spazi condivisi, insieme pubblici e privati.

Nel silenzio irreale dei pomeriggi estivi, quando il borgo, prima dell'animazione serale, si abbandona al demone meridiano dell'accidia, è bello passeggiare sulle chianche (la tipica pavimentazione in pietra), nel gioco di luci e ombre che scaturisce dalle viuzze strette, dagli archi, dai sottopassi. Bianco abbacinante dei muri e azzurro del cielo: la poesia del sud.

A cavallo tra Ottocento e Novecento, il paese ha cominciato a svilupparsi al di fuori della cinta muraria, dove l'unico esempio interessante è quello di alcuni edifici con decorazioni liberty in via S. Quirico. Nel borgo, invece, gli edifici storici di maggior pregio sono la torre e la chiesa che si affacciano sulla piazza.

La Torre normanno-sveva, recentemente restaurata, è alta 17 metri ed è stata eretta nell'XI secolo dai Normanni, poi ricostruita in larga parte sul finire del XIV e rimaneggiata più volte nelle epoche successive. Sulla sua sommità è posta una piccola statua di S. Nicola benedicente. La Chiesa di S. Nicola, nota come Chiesa Madre, è stata edificata nel XII sec. sulla precedente chiesa basiliana dell'VIII sec., di cui oggi restano le fondazioni, e modificata nel corso del tempo.

L'attuale facciata, di gusto neoclassico, sostituì intorno al 1848 la precedente, probabilmente romanica. Dell'originario impianto restano importanti tracce all'interno. La volta a crociera del transetto e alcune decorazioni scultoree risalgono ai sec. XIII-XIV. Magnifiche le due sculture in pietra viva di Stefano da Putignano: il tabernacolo dedicato alla Madonna del cardellino (1517) e un altro più piccolo con putti ed ecce Homo. Al di sotto della contigua chiesetta del Purgatorio (XVII sec.), recentemente è stata riscoperta la primitiva chiesa, databile intorno all'anno 1000.

Meritano una sosta, infine, il Palazzo vescovile costruito nel 1560, con facciata in stile tardo-rinascimentale su cui si notano gli stemmi del vescovo-barone; il Palazzo del Governatore (sec. XVI), dall'elegante prospetto a triplice balconata con elementi decorativi rinascimentali; i palazzetti nobiliari delle famiglie Pepe e Cenci; la chiesetta di S. Lucia (sec. XVII) e, fuori le mura, la torre e il Palazzo Amati, in via S. Quirico; la Chiesa di S. Cataldo, completata nel 1783 in stile barocco, con la bella e scenografica facciata; la Chiesa di S. Quirico, eretta tra Sei e Settecento.

Importante per il culto locale è la chiesetta romanica della Madonna d'Ibernia, sorta intorno al 1100 nel periodo della formazione del casale di Cisternino, da cui dista 3 km.

La chiesa incorpora i resti di un preesistente cenobio basiliano costruito non distante da un precedente tempio pagano dedicato alla dea della fertilità Cibele. è conseguenza dell'antico culto verso questa divinità la venerazione del popolo per la Madonna d'Ibernia, detta anche "delle uova", cioè della procreazione e dell'abbondanza.

Al suo santuario viene portato in dono, nelle feste primaverili, lo stesso dolce, il chïrrùchele (dal latino auguraculum, dono propiziatorio), che i fanciulli pagani offrivano a Cibele per propiziarsi la fecondità.

Il prodotto

I manufatti degli artigiani: in legno o in pietra, oppure le ceste e i rosari.

Il piatto

La scelta è difficile, tra friselle, formaggi (il cacioricotta su tutti), olio extravergine di oliva, vino Doc e salumi (ottimo il capocollo).

Tra i primi, celebriamo almeno le orecchiette: al sugo con pecorino e formaggio ricotta o nella variante con cime di rape e acciughe salate.